Questo mondo dobbiamo rifondarlo noi, care amiche!

di Zeralda Daja

Oggi 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, leggiamo una infinità di titoli sui giornali, fiumi di parole per declassare quel principio di pensiero comune che ci vede piegate sempre in secondo piano.


“La donna? È semplicissimo- dice chi ama le formule semplici: è una matrice, un’ovaia, è una femmina: ciò basta a definirla. In bocca all’uomo, la parola “femmina” suona come un insulto; eppure l’uomo non si vergogna della propria animalità; anzi è orgoglioso se si dice di lui: “ È un maschio!”.

Simone de Beauvoir


Ne prendeva atto Simone de Beauvoir nel 1949, eppure oggi, nel 2020, la condizione delle donne è sempre a rischio. In molti Paesi, ancora oggi, la donna è vissuta come un accessorio, un bene come un altro, nelle mani del patriarcato. In fondo è quasi sempre stata così: la retorica del maschio alfa è un retaggio culturale difficile da declassare. Ce lo dicono appena nasciamo come dovremmo comportarci, i giochi a cui dedicarci: insomma il destino di molte donne, spesso qui e in molti altri Paesi del mondo, è una sceneggiatura scritta da uomini per altri uomini.

Sono sempre più convinta che per sradicare questa forma mentis e iniziare a cambiare queste dinamiche di vittima/carnefice bisogna partire dai nostri bambini, ancora più dalle nostre bambine. Perché questo mondo dobbiamo rifondarlo noi, care amiche.

Posso sembrare radicale, in realtà comincio solo ad accusare la pesantezza di questa volgarità, del qualunquismo, della ferocia dilagante che imperversa sui social network. Io sono madre di una bambina, e se penso al futuro di mia figlia rabbrividisco all’idea che lei possa crescere in una società in cui una donna per esistere debba ancora aver bisogno di un uomo.


Rispetto al 1968, l’anno della grande rivoluzione femminista nato dalla ribellione di un gruppo di donne contro lo sfruttamento delle ragazze nell’evento di Miss America, abbiamo avanzato sul piano dei diritti e lo dimostra il fatto che sono sempre di più le donne che cominciano a guadagnarsi una posizione di rilievo nei ruoli apicali.

Anna Maria Pelizzari, nuova Vice Capo della polizia, Kamala Harris, nuova Vicepresidentessa degli USA, Marta Catania, Presidentessa della Corte Costituzionale, Sanna Mirella Marina, prima Ministra a capo del governo in Finlandia, Antonella Polimeni, prima Rettrice donna dell’Università della Sapienza, solo per citarne alcune.

Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima. Penso a intere generazioni di donne che hanno battuto la strada per questo preciso momento. Penso alle donne che hanno combattuto e sacrificato così tanto per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia per tutti, comprese le donne afroamericane, spesso trascurate ma che spesso dimostrano di essere la spina dorsale della nostra democrazia.

Kamala Harris

Donne che hanno ottenuto incarichi importanti, ma le storie di successo di queste donne non possono rimanere casi isolati. Personalmente spero che le generazioni future di donne comprendano appieno che non possiamo più permetterci di essere vittime di quel patriarcato che ha tentato da sempre il controllo sulle nostre vite. Che non possiamo più permetterci di essere condizionate dai pregiudizi sociali. Che non possiamo più accettare di essere ricattate e violate nell’intimo, nella nostra sessualità. Spero in un futuro dove mia figlia si realizzi in base alle sue capacità e non in base alle possibilità che la società offre. Quella società è possibile, ma bisogna continuare la marcia sul piano dei diritti, ora più che mai.

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