Migranti africani siedono in cima ad una recinzione di confine durante un tentativo di attraversare territori spagnoli, tra Marocco e l'enclave nord africana di Melilla, il 22 ottobre 2014. Credit: Jesus Blasco de Avellaneda /Reuters

Destra e Sinistra sono finite: la nuova sfida politica è fra sovranismo e mondialismo

Ogni anno The Economist pubblica una serie di articoli, spesso provocatori, ipotizzando scenari possibili sul futuro del mondo sia a breve che lungo termine.

All’ipotesi sull’abolizione dei confini politici, il settimanale inglese risponde che il mondo si arricchirebbe “immensamente“, e che produrremmo ogni anno un PIL di 68 mila miliardi in più. La ragione di questo aumento trova la sua spiegazione nel fatto che se uno si sposta da un Paese sottosviluppato a uno sviluppato moltiplicherebbe la sua produttività, della serie “chi prima zappava il suolo con un aratro di legno, ora guida un trattore”. Secondo il settimanale, qualsiasi lavoro produce di più se viene svolto in un Paese sviluppato che in uno dove le infrastrutture e i governi non funzionano.

Alla domanda, quanta gente si sposterebbe se tutte le frontiere del mondo venissero abolite e quindi dichiarate aperte, The Economist risponde basandosi su un sondaggio realizzato da Gallup, la principale società di rivelazioni mondiali, affermando che la stima in merito indicherebbe uno spostamento di persone che va da 600 milioni a più di 1 miliardo di persone, quindi indicativamente un 10% della popolazione mondiale, e che ciò si verificherebbe nel giro di circa 10 anni.

Chiaramente questi numeri farebbero rabbrividire chiunque perché si teme ci possa essere una invasione di popoli che certamente sono figli di una storia e cultura diversa rispetto alla nostra, e spesso diverso per “noi” implica paura, incapacità di poter gestire una situazione che potrebbe degenerare con il rischio di un aumento copioso della criminalità e del terrorismo. Sempre, secondo The Economist, queste paure sarebbero infondate sottolinenando il fatto che negli Stati Uniti d’America il tasso di criminalità non è da legare alla presenza degli immigrati ma piuttosto alle persone che vivono da lungo tempo nel Paese, mentre in Europa accade il contrario poiché dai luoghi di guerra scappano quasi solo uomini, la percentuale delle donne è ancora molto bassa, e questi, nella maggioranza sono giovanissimi che una volta raggiunti i Paesi sviluppati si scontrano con la burocrazia alla quale rispondono, talvolta, con la violenza.

Ma se le frontiere venissero aperte, di conseguenza la tratta dei viaggi illegali e nello stesso tempo disumani si interromperebbe, e che con molta probabilità le famiglie dei Paesi sottosviluppati si organizzerebbero e questo inevitabilmente diminuirebbe il tasso di criminalità. L’apertura delle frontiere oltre a portare alla crescita del PIL, come The Economist stesso afferma, ci porta a riflettere sul fatto che con molta probabilità la stabilizzazione e la crescita economica grazie al fattore immigrazione delimiterebbe l’altro fattore, il terrorismo.

L’immigrazione di massa che si prevede avverrà nei prossimi anni, indubbiamente inciderà sulle politiche e sulla cultura dei Paesi Occidentali, come abbiamo avuto modo di verificare durante il periodo post-imperialista per non parlare della forte crescita demografica avvenuta negli States negli ultimi anni, ma porterà con sé anche i tratti negativi, intrinsechi alla cultura di provenienza di questi popoli, come la chiusura verso le battaglie e i traguardi (es. Femminismo, Diritti civili per i Gay ecc) che il mondo occidentale ha affrontato nell’ultimo secolo, le probabilità che in futuro potremmo avere un leader politico islamico sono molto alte, come alte sono le probabilità che ci possano essere le stesse disparità, per non parlare di ghettizzazione, a cui noi oggi sottoponiamo queste persone.

È chiaro che oggi più che mai c’è bisogno che si parli di questo argomento al fine di creare politiche capaci di assorbire questi flussi migratori e spianare la strada a questa possibile integrazione fra quelli che hanno posizioni sovraniste e i mondialisti.

Considerando il valore economico reale che l’immigrazione porterebbe sul tavolo, il compromesso è sicuramente la strada giusta da percorrere.

 

 

 

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