Terremoto Albania: quanto è illegalità e quanto calamità naturale?

È trascorsa una settimana dalla prima scossa di terremoto che ha piegato la mia città, Durazzo, e tutta l’area circostante. Giorni terribili, abbiamo pianto 50 morti e ancora stentiamo a credere a questa disgrazia che colpisce sempre di notte. Così come avvenne a L’Aquila, Accumoli, Amatrice, Catania, Ischia, Norcia, Castelsantangelo sul Nera, Mormanno, Medolla Emilia Romagna ecc. Perché il male ti accoglie sempre così, quando sei nella parte più buia della vita. Non bussa, irrompe piombando la sua tragedia e violenza mortificando le nostre ragioni, le nostre certezze, tutti i piani.

Durante questi giorni e ore ho ricevuto messaggi, mail, commenti di sostegno e vicinanza da parte dei miei colleghi e non, e che non smetterò mai di ringraziare abbastanza.

Poi ho letto commenti dai toni più inappropriati, quelli dove mi suggerivano come avrei dovuto rispondere, come mi sarei dovuta vestire, piuttosto che commentare le parole che ho detto durante le mie interviste sulle reti nazionali in cui ho presenziato. Che sia chiaro, io sono abituata ad ogni genere di critica da sempre, e poi fa parte del mio lavoro, perché sono fermamente convinta che ogni crescita avviene scambiando opinioni diverse, perché ognuno è libero di esprimere la propria idea, persino di offendere, in fondo al netto delle azioni ognuno si veste con le parole che meglio lo/la rappresentano.

Tuttavia, uno dei commenti più frequenti che ho letto sui miei account social e più in generale sui vari gruppi su Facebook era inerente al fatto che nelle mie interviste e articoli avrei “sparlato” dell’Albania, degli albanesi e che i panni sporchi si lavano in casa propria.

Ecco, cari connazionali, ovunque voi siate nel mondo, quando nei miei articoli e video parlo di criminalità mi riferisco proprio a questo modo di fare e dire. Il vero marcio è intrinseco in questo pensiero, dunque nelle fondamenta del nostro Paese, nelle nostra ossa, le nostre case. Viviamo nell’era della globalizzazione, la “casa propria” è il non luogo.

Noi piangiamo, ridiamo, scherziamo, piaciamo, offendiamo, ci arrabbiamo con le emoticons. Una faccina e la democrazia 2.0 ringrazia, gli algoritmi ci premiano, isolandoci in un mondo parallelo, una specie di second life dove, attraverso le bubble filters, si ha l’impressione di essere giusti, di essere migliori rispetto alla quotidianità che pretende di viverci piombandoci in quei pochi metri quadrati di libertà dove confina la nostra vita.

Ecco, in questo spazio liquido così condiviso, quindi così reale, versiamo la nostra umanità, emoticon dopo emoticon. Ho sempre pensato che i rappresentanti politici, i nostri governanti, sono l’esegesi di ciò che siamo e rappresentiamo per noi stessi e dinanzi al mondo.

Negli ultimi mesi ho ricevuto numerose segnalazioni da parte dei cittadini di Durazzo in merito a molte strutture che risulterebbero non regolari ma che qualcuno ha regolarizzato. Dove la moltitudine accetta come consuetudine l’omertà, quei pochi individui che si battono per la democrazia e per uno stato dalle regole più trasparenti diventano dei personaggi orwelliani, gli ultimi uomini della terra. Ecco io voglio parlare per questi ultimi che non prostituiranno mai la libertà per allinearsi a quel modo di fare ed esistere ereditato da un passato che ancora si ostina a presenziare come un fantasma pilotando così le coscienze di molti a discapito dei pochi.

Il mio cuore si stringe forte ai familiari delle vittime, a tutti coloro che hanno perso le case, a coloro che stanno trascorrendo le notti nelle tende, ai bambini che in quelle macerie hanno perso il sorriso. Il mio cuore piange le vittime, le mie parole non potranno mai sollevare ciò che si è perso nel tempo ma so per certo che se tutti insieme scegliessimo di risvegliarci nella bellezza della verità, potremmo un giorno narrare ai nostri figli e nipoti che il vero fondamento della democrazia è la libertà di alzarci in piedi e testimoniare le ferite, perché il silenzio uccide ancor più di ogni mafia. Ma soprattutto che nessun gioco di potere vale la vita, le vite di tutti noi.

Coloro che scelgono di stare in silenzio valorizzano la violenza degli omertosi e ignavi, che in base a come il potere, piccolo o grande che sia, li accarezzerà facendo chiudere le loro dentature acuminate, abbasseranno lo sguardo perché pensano che è così che va il mondo, così è sempre stato fatto, un cordone ombelicale duro a spezzare, una catena demoniaca che ha sprigionato la sua rabbia il 26 novembre 2019.

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