Milano

Solo Sala

Non è una opzione, ma una scelta obbligata per Milano e i milanesi. Quella delle elezioni a Milano pare una vittoria annunciata per il centrosinistra di Beppe Sala. Credo sia perché i milanesi riconoscono l’importanza di dare continuità a quel progetto politico che da qui era partito con l’Expo del 2015. Chi vive la città conosce bene le difficoltà che Milano ha dovuto affrontare negli ultimi due anni, ma sa anche che, non fosse stato per la pandemia che ha coinvolto tutto il mondo, l’ascesa di Milano come nuova capitale europea post Brexit non si sarebbe arrestata.  Per capire cosa pensano di questo i milanesi, basta parlare con taxisti, che conoscono meglio di tutti le dinamiche e le sfumature di questa città. Sono loro, in qualche modo, il vero specchio in cui si riflette lo stato delle cose. Sono in molti ad evidenziare le difficoltà patite durante il Covid ma nello stesso tempo, gli stessi, mi evidenziano l’importanza di dar seguito a quel progetto politico ed espansivo al contempo, che vede la città al centro di dinamiche non più nazionali ma di respiro internazionale.  E Milano sta diventando metropoli nonostante le difficoltà delle misure restrittive imposte dal Covid-19. E se questa città riesce a imporsi e a diventare la nuova capitale europea, così come lo era Londra negli anni ’90 e Berlino nella prima decade del secondo millennio, è perché ci sono state politiche capaci di attrarre grandi investimenti e soprattutto perché c’è stato un grande lavoro di inclusione che è iniziato a partire dalle periferie.  Beppe Sala non è una opzione, ma in qualche modo una scelta obbligata per i milanesi che riconoscono il valore del lavoro che ha svolto in questi anni. D’altronde la lista civica di Luca Bernardo per il centrodestra è debole e presenta un progetto confuso, di ripiego, che non convince i cittadini. Colpisce semmai la scelta di Fratelli d’Italia e della Lega nelle grandi città come Milano e Roma: sembra quasi che Salvini e Meloni desiderino passare sottotraccia nelle sfide delle grandi città. A pensare male verrebbe da dire che preferiscono non confrontarsi con la politica più vera e fattiva, quella cioè dell’amministrazione delle città, per giocarsi tutto nella partita nazionale senza prima aver mostrato agli elettori il bluff della mancanza di una vera e propria classe dirigente.  Così la rielezione di Beppe Sala rappresenta l’unico scenario politico possibile per Milano e i cittadini lo sanno intimamente. Per questo non si non si faranno condizionare dagli slogan vacui delle grandi promesse di cambiamento. I milanesi, che sono pragmatici di buona volontà, il cambiamento se lo conquistano un millimetro alla volta, giorno dopo giorno.  Da milanese di adozione riconosco ai miei concittadini questa ironia sottile che di certo li porterà, dentro le urne, a diffidare delle sparate del pediatra con la pistola. Come diceva Piovene, del resto, “Milano è forse l’unica città italiana dove esista l’umorismo vero, l’umorismo in senso britannico, che vela e insaporisce le cose senza però modificarle”. Da questo punto di vista, insaporendo appunto le cose senza modificarle, ogni milanese sa perfettamente che è troppo sottile e labile la linea che distingue un pistolero da un pistola.

Elay Ile

Elay Ile: in Azerbaijan l’arte rimane nascosta

Elay è un pittore, viene dall’Azerbaijan, una terra lontana che una volta veniva chiamata l’Albania Caucasica. Vive e lavora Milano. Sull’immigrazione dice “Penso che non debbano esistere nazioni che impediscano ad un essere umano di andare alla ricerca della propria felicità.” Elay raccontaci qualcosa di te, dove e quando sei nato? Sono nato il 18 settembre del 1985 in Nakhcivan, una piccola città in Azerbaijan.  La tua famiglia? Ho una famiglia meravigliosa. Siamo in cinque, i miei genitori sono professori di letteratura e mia madre è anche una pianista. mio fratello maggiore è un traduttore di lingua inglese, mentre il fratello più piccolo è uno psicologo. Insomma le discussioni in famiglia non possono che essere molto colorate.  Quando hai partorito l’idea di abbandonare il tuo Paese? Quando mi diplomai all’Accademia delle Belle Arti a Baku nacque in me la necessità e l’interesse di conoscere meglio il movimento dell’arte in Europa, e poi cercavo una galleria dove poter fare una esibizione dei miei lavori  figurativi “monocolori’ i quali non sono accettati a Baku. Decisi che Milano era la città giusta dove studiare arte, la trovo una città moderna. Quindi nel 2013 cominciai a frequentare l’Accademia delle Belle Arti a Brera, dove mi sono formato.  Cosa ne pensa la tua famiglia di questa scelta? I miei genitori mi hanno sempre lasciato libero di fare le mie scelte, questo è stato molto importante per me. L’unico problema per noi è il fattore lontananza, questo è un aspetto difficile perché mi ha cambiato nel modo di vivere la vita, è tutto molto difficile ma in compenso il mio lavoro mi gratifica molto. Come sono stati i primi anni da immigrante? La solitudine è il lievito della creatività se sai maneggiarlo. Con molta difficoltà ho trovato un workshop economico a Milano, molto lontano dal centro, dove vivo e dove sviluppo i miei lavori.  Quando sei arrivato in Italia iniziasti gli studi in Accademia, come facevi per sostenere la tua vita? Facevi lo studente lavoratore? Sì, studiavo all’Accademia dove frequentavo il corso di pittura. Voglio precisare che ho avuto un sostegno grazie ad un amico a Baku, il quale mi ha sovvenzionato gli studi il primo anno e poi dal secondo anno ho fatto domanda per la borsa di studio che poi ho vinto. Ad oggi sto cercando di trovare opportunità di lavoro al fine di sovvenzionare il mio continuare a fare arte.  Perché hai scelto di vivere in Italia? L’Italia per me è la culla dell’arte, i più grandi artisti dell’arte, a partire dall’antichità alla società moderna, sono italiani.  Dopo i tuoi studi, hai iniziato a fare esibizioni, pensi di voler realizzare uno nel tuo Paese? Forse un giorno, perché no! Vorrei fare una sola esibizione dei miei lavori artistici per provare che il tempo e il luogo giocano un ruolo importante per constatare il vero valore di un lavoro artistico o di uno stile intellegibile. Ma credo che, generalmente l’arte nella società da dove provengo non è pronta ad accettare “lo stile nascosto” oppure i lavori “figurativi monocromatici”. Quanto è presente l’Azerbaijan nei tuoi lavori? La maggior parte dei miei dipinti consistono in ritratti e corpi. Ho sempre dipinto uomini, ogni genere umano, ogni etnia può essere il focus della mia attenzione.  Pensi mai di far ritorno in Azerbaijan? Per la creatività l’Italia è molto conveniente. A volte sento la mancanza di incontrare la mia famiglia e questo è la ragione per cui saltuariamente rientro nel mio Paese.  Quali sono secondo te le cose belle e brutte del tuo Paese? Dunque, la prima cosa bella che mi viene in mente è che siamo un popolo molto amichevole e questo è il valore più importante per la nostra nazione. Dall’altro canto, il lato negativo è che il mio popolo non è capace di creare una società moderna. Sono ancora fermi alla vecchia ideologia.  Viviamo il periodo delle immigrazioni di massa, tu come lo vivi personalmente?  Penso che non debbano esistere nazioni che impediscano ad un essere umano di andare alla ricerca della propria felicità. Ma allo stesso tempo penso che l’immigrazione è una tragedia considerando che uomini e donne sono forzati ad abbandonare le loro amate terre dove erano già felici, prima delle guerre.  Che relazione hai con il tuo Paese e i tuoi connazionali? Ho lasciato tanti amici indietro, ci teniamo in contatto attraverso internet che ci dà la possibilità di parlare e di ricordarci come eravamo. Il mio Paese è una pagina nostalgica della mia infanzia.  E cosa pensi ogni volta che rientri nel tuo Paese? Onestamente cerco di trascorrere più tempo possibile con la mia famiglia ma poi penso subito che devo rientrare in Italia perché ho sempre esibizioni da preparare.  Quali sono i tuoi progetti futuri?  Ho deciso di vivere in Italia, sto lavorando a molti lavori artistici, esibizioni da preparare. Il mio obiettivo è quello di contribuire a dare una nuova visione della società in cui viviamo. 

Ghapios Garas, imprenditore egiziano, fondatore in Italia di un’azienda che fattura 7 milioni

L’arte di arrangiarsi funziona in Egitto come in certe zone d’Italia. E così al Cairo – se vuoi un computer o un cellulare e non puoi permettertelo nuovo – tanto vale andare su un prodotto ricondizionato. Cioè riparato dopo un’avaria. Ghapios Garas è un imprenditore egiziano, naturalizzato italiano, consapevole che la domanda di beni elettronici a basso costo sarà sempre più alta. Usato sicuro, insomma. E per questo ha dato vita ad un’azienda, qui da noi in Italia, che deve la sua fortuna anche a una denominazione indovinata: “Simpatico Network srl”. Ecco la storia di questo imprenditore d’importazione. Il signor Garas frequenta al Cairo l’Istituto dei Salesiani di Don Bosco. Nel 1990 decide di trasferirsi in Italia per studiare Scienze Politiche alla Università Statale di Milano e poi Economia alla Bocconi. Qui in Italia conosce sua moglie di origine finlandese – i poli opposti del mondo che si attraggono – dalla quale ha due figli che oggi hanno 11 e 14 anni. Considerando le spese ingenti per sostenere gli studi, il signor Garas abbandona le sue ambizioni universitarie buttandosi così nel mondo del lavoro. Gli anni a seguire sono duri, fatti di sudore e precarietà fino al 1996 quando il signor Garas si prende un periodo di pausa di sei mesi per riflettere. Si rifugia in una scuola di studi biblici negli Stati Uniti. Rientra in Italia nel 1997 e, nel 2000, conosce l’anno della svolta. Apre la “Simpatico Network Srl”, che ora è tra i leader in Italia nella vendita di computer e prodotti informatici ricondizionati. Garas inizia la sua attività con 10 computer portatili acquistati negli Usa nel 2001, oggi l’azienda spedisce circa 40.000 prodotti all’anno. Vanta un fatturato di circa 7 milioni di euro l’anno con 15 dipendenti, italiani e stranieri. La “Simpatico Network Srl” vende a privati, ad altri rivenditori, ad enti pubblici. Signor Garas, lei crede che l’immigrazione sia un  punto di forza per far crescere l’economia in Italia? Decisamente gli immigrati rappresentano una risorsa qualora il governo  promuovesse la piena integrazione sia sotto il profilo dell’istruzione sia nell’inserimento nel mondo del lavoro. Spesso si sente dire che lItalia è un Paese difficile se non addirittura xenofobo. Lei ha riscontrato difficoltà ad integrarsi? Il Bel Paese, come tutti, ha i suoi problemi. Negli anni della mia permanenza in Italia non ho mai sofferto discriminazioni. Trovo che si faccia, spesso, un abuso della parola razzismo. Sono moltissimi i giovani in cerca di lavoro, che cosa la colpisce leggendo un curriculum vitae? Sono colpito da coloro che seppur laureati con ottimi voti presso prestigiose università si sono impegnati in lavori umili. L’azienda “Simpatico Network Srl” offre tirocini ai studenti delle scuole superiori per aiutarli ad inserirsi nel mondo del lavoro. Inoltre i diplomati in istituti tecnici possono inviare il loro curriculum all’indirizzo e-mail dell’azienda.