di Gëzim Qadraku
Non molti sanno che l’Albania è ricchissima di risorse minerarie quali nichel, carbone, rame e cromo, quest’ultima è in quantità e qualità molto elevata. L’Albania è stata sino al 1990 il terzo produttore mondiale mentre oggi è l’unico Paese dell’area europea che possiede giacimenti così rilevanti di cromo. Secondo l’AKBN (Agenzia Nazionale delle Risorse Naturali dell’Albania), la quantità di cromo presente sul territorio supera i 10 milioni di tonnellate.
Inoltre, l’Albania, è tra i Paesi dell’area mediterranea a possedere i più importanti giacimenti di fosfato e bauxite, piuttosto le riserve lapidee. Ad oggi le attività estrattive vengono concesse dal Governo albanese a società private albanesi che fanno da ponte a quelle straniere. C’è una città in particolare in Albania, Bulqizë, al confine con la Macedonia dove la presenza di cromo è maggiormente elevata. Negli ultimi dieci anni le attività estrattive sono aumentate notevolmente, così come è aumentato il numero dei lavoratori morti sul luogo di lavoro. Ma è di un altro fatto di cui vi voglio parlare, e riguarda lo sfruttamento sul lavoro dei bambini.
A Bulqizë le manifestazioni da parte della cittadinanza non mancano ma spesso queste voci vengono taciute, così come vengono taciute alla cronaca internazionale le responsabilità da parte del Governo albanese, piuttosto la mancata presa di posizione da parte delle Organizzazioni Internazionali per quanto riguarda i diritti civili e quelli del bambino. Elton Gllava, fotografo albanese che vive in Italia dal 1992, ha lavorato per quattro anni ad un reportage fotografico in cui ha denunciato le condizioni dei lavoratori, del territorio e soprattutto dello sfruttamento del lavoro minorile. Una città distrutta e ribattezzata dai suoi cittadini come la valle della morte.
Le prospettive di vita di chi nasce in questo territorio sono bassissime a causa della presenza eccessiva del cromo esavalente. L’unica possibilità sarebbe quella di abbandonare la città ma le condizioni di miseria generale in cui vive quasi tutta la collettività hanno piegato questi uomini e i loro bambini al lavoro di estrazione in questi giacimenti dove molti sono coloro che trovano la morte.
Nonostante Bulqizë sia un piccola città, che conta intorno ai 15 mila abitanti, la città è un punto cruciale per la ricerca e lo smistamento del cromo, grazie al quale le persone riescono a sbarcare il lunario ogni fine mese. Il 25% del Pil albanese dipende da questa pietra, della quale vengono esportate 120.000 tonnellate l’anno, per un fatturato che si aggira intorno ai 42 milioni di dollari. Una cifra enorme, che teoricamente dovrebbe permettere a chi lavora nelle miniere di permettersi una vita piuttosto agiata, ma purtroppo non è così. Il salario dei minatori si aggira intorno ai 15 euro al giorno, cifra assolutamente insufficiente per badare a tutte le spese. Il cromo viene estratto e inviato a Durazzo, dove poi i grossisti lo vendono ad Europa e Cina. Questo metallo viene utilizzato per creare l’acciaio inox o per cromare gli oggetti, dando loro quell’aspetto lucido.
Gllava racconta attraverso le immagini le condizioni di vita dei cittadini, e quelle dei bambini che invece di vivere la loro infanzia e andare a scuola sono costretti a lavorare e aiutare i loro genitori. I bambini, come gli adulti, iniziano il turno di lavoro nelle prime ore del mattino. Nell’ultimo anno, i giornali albanesi hanno cominciato a evidenziare le problematiche che interessano l’area dei giacimenti ma senza trapelare fatti e dati che raccontano di una realtà drammatica in cui i diritti civili sono del tutto ignorati. I minatori albanesi hanno organizzato più volte manifestazioni in cui denunciavano le loro condizioni chiedendo più tutela alle istituzioni, l’aumento di salario e l’abbassamento dell’età pensionabile a 50 anni.
Le proteste servono ai lavoratori per esprimere il loro dissenso al governo albanese invitandoli a prendere posizioni a riguardo di un settore che incide in una percentuale importante sul Pil del Paese. I minatori non denunciano direttamente le morti sul lavoro poiché, come alcuni giornali albanesi sostengono, ricevono continue minacce di morte e ricatti.
Elton Gllava è rimasto a stretto contatto con i cittadini di Bulqizë, instaurando con loro un rapporto di amicizia. Ne è nata così una mostra fotografica, dal titolo: “Dove i corvi avrebbero cantato”. Scelta questa, condizionata da una frase che un vecchio disse al fotografo aspettando il passaggio di un corteo funebre: “Se qui non ci fosse stato il cromo, i corvi avrebbero cantato”. Parole che danno ulteriore riprova di come questa pietra sia fondamentale per la gente di questa città e per lo stato albanese. Allo stesso tempo, fortunatamente, il lavoro onesto di professionisti Elton Gllava ci permette di comprendere a pieno la situazione ingiusta che la gente del posto e soprattutto i bambini stanno vivendo. L’auspicio è che le condizioni dei minatori possano migliorare, e che i bambini possano ritornare sui banchi di scuola, a fare ciò che dovrebbero fare a quell’età, ovvero studiare e sognare.
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