Rinascita dell’aquila a due teste (parte II)

(…) Possiamo dedurre che l’Italia come la Comunità internazionale hanno inciso nello sviluppo dell’economia albanese, ma è necessario sottolineare un fatto molto grave che dovrebbe farci riflettere, ossia quella dell’induzione al liberismo economico. Questo liberismo ha portato nella classe politica albanese la perdita di vista dell’interesse per il bene comune a favore della collettività capitalizzata. La classe politica italiana ha effettuato le stesse politiche di Mussolini, in quanto è più vantaggioso attivare politiche di sfruttamento piuttosto che riforme atte a modificare e a far crescere il paese sotto ogni profilo. Durante questa fase di invasione economica non si è provveduto al mantenimento di una rete sanitaria piuttosto che alla salvaguardia degli artigiani.

L’Albania ha stretto rapporti con gli Stati internazionali al fine di ottenere fondi europei che puntualmente arrivano a Tirana, superando ogni altro paese dell’Est europeo, ma questi aiuti spariscono all’arrivo nella Capitale. L’incapacità della classe politica albanese di saper gestire le fonti economiche porta il settore pubblico ad essere pericoloso per le politiche internazionali. Ma nonostante queste dinamiche poco convenevoli è necessario sottolineare un altro aspetto fondamentale della realtà economica degli albanesi: le rimesse degli emigrati.

Gli emigrati, di cui la maggioranza in Italia a seguire la Francia, la Germania e Austria etc., hanno sostenuto il processo di trasformazione delle città albanesi. Gli emigrati. grazie alla loro permanenza all’estero e al lavoro, sono riusciti a ricostruire le loro abitazioni in Albania dando decoro e trasformando radicalmente le città, ma soprattutto hanno investito con i mezzi moderni, e le loro attività imprenditoriali hanno influito fortemente nel settore economico. Grazie anche alla stabilizzazione della moneta albanese negli ultimi anni in Albania si può parlare di una vera primavera economica. Un risveglio potente, visibile nel numero delle imprese attive a Tirana ma va detto che questo è avvenuto anche tramite l’intervento di un processo economico informale dettato dalla poca chiarezza di alcune società imprenditoriali che agiscono borderline, cioè al limite della legalità.

L’industria continua la sua crescita sempre in salita come anche il settore agricolo che tuttavia mantiene un ruolo fondamentale nell’economia albanese, nonostante quest’ultima ha visto un ridimensionamento del 70% in tutto il Paese. L’Albania, oggi, sta passando da un’economia di tipo pianificata a quella capitalizzata attraverso una struttura amministrativa che ha delle forti difficoltà nel sancire un processo evolutivo nel risanamento economico dovuto specialmente alle pressioni che vengono inflitte dalla classe politica al potere poco presente. Oggi in Albania il governo di Edi Rama sta attuando delle riforme sul piano politico al fine di provvedere un ingresso di maggiori investimenti e per far fronte, in special modo, al debito pubblico che nel 2012 ha superato registrando il 60% del Pil.

Ma non sono i problemi economici a fermare il movimento di rinnovamento del Paese che ha portato un contro esodo degli albanesi che rientrano nella propria terra riprendendo in moto ciò che avevano abbandonato durante i tempi delle società piramidali.

Da sottolineare il fatto che ad investire in Albania sono maggiormente società tedesche, olandesi, austriache e infine americane. Le società italiane che lavorano in territorio sono in numero minore e sicuramente rappresentano una realtà inferiore rispetto alle altre multinazionali. Inoltre l’Albania fa parte dell’organizzazione Nato per cui rappresenta un punto di svolta per l’occidente che necessita di mantenere gli occhi ben aperti sulla situazione Medio-Orientale. L’Albania, di nuovo, rappresenta un punto strategico tra l’Oriente e l’Occidente. Chiaramente la presenza delle truppe Nato dichiara l’appoggio incondizionato dello Stato albanese, ad un eventuale presa di posizione sul piano militare, agli americani.

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– Il post precedente dell’autrice, Rinascita dell’Aquila a due teste (parte I)

Il lavoro svolto in precedenza dal presidente Berisha cioè quello dell’adesione dell’Albania alla Comunità Europea lo sta portando avanti anche il nuovo primo ministro Rama il quale trova questa necessità come un fondamentale processo evolutivo del paese. Appare chiaro, ritornando oggi nel paese delle aquile, che il panorama è mutato profondamente e in tempi velocissimi mai registrati da nessun altro paese. Ed è proprio questo cambiamento radicale che dovrebbe invitare i giovani, che hanno poca memoria o semplicemente più indaffarati a cercare una loro identità nel mondo piuttosto che ricostruire l’identità a partire dalle proprie radici, a riflettere.

È interessante osservare un paese che indossava un tempo colori grigi possa oggi aver aderito così rapidamente alla capitalizzazione. È come se ad un certo punto una intera generazione avesse chiuso gli occhi e invece di guardare indietro, per comprendere la radice delle proprie origini che dovrebbe caratterizzare il tratto identificativo di un popolo, guarda disperatamente avanti per non affondare. L’Albania ha una sua storia molto particolare e tanto antica ma sembra che quella generazione dei barconi del ’91 abbia disconnesso con il passato, come succede oggi con i cinesi nei confronti della loro storia, rinnegando a se stessi la rimessa in discussione sul piano sociale e morale del ruolo che quella vecchia classe intellettuale ebbe in quel tempo e del ruolo che avrebbe dovuto assumere nella conduzione del paese e dei propri figli. Ma quella classe politica se ne è lavata le mani e a differenza di Ponzio Pilato che lo fece dinanzi a tutti in questo caso diventa una rappresentazione simbolica per dipingere un’azione illegale di coloro che hanno abiurato nel nome del terrore il loro grido.

Trovo che sia, oggi più che mai, necessario fare un passo indietro, voglio dire che sarebbe più convenevole sedersi per comprendere e tirare fuori quella radice chilometrica per capire cosa è andato storto e per donarsi la possibilità di ricongiungere l’identità storica all’identità sociale odierna. Possiamo concludere dicendo che l’Albania oggi si presenta come un paese che non ha ancora sviluppato la transazione dall’economia pianificata a quella del libero mercato.

Lo Stato albanese non ha ancora provveduto a sviluppare delle politiche sociali che possano fronteggiare le realtà più vulnerabili e questo è dovuto alla carenza di strutture istituzionali che sanciscono il pieno sviluppo delle formule di mercato.

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