La fuga dal Kashmir di Adnan per salvarsi la vita

Per salvarsi, ha attraversato la Libia, la Siria, la Turchia approdando in Italia dopo aver pagato 20 mila dollari ai mercanti di esseri umani. Ora – cameriere in un ristorante cinese del Milanese – è un uomo felice anche se una laurea in Fisica e Matematica autorizzavano ambizioni diverse. Adnan d’altra parte è consapevole che restare nel suo amato Paese – il Kashmir – significava andare incontro a morte sicura.

Figlio di un insegnante e di una casalinga, Adnan militava nella Alleanza Nazionale per la liberazione del Kashmir. Il movimento è stato fondato da suo zio che, nel 2012, è stato assassinato: “Per capire il motivo – dice lui – converrebbe chiedere lumi ai servizi segreti del Pakistan. Nel Kashmir, possono candidarsi alle elezioni soltanto partiti politici che firmano un manifesto di fedeltà al governo pakistano”. I motivi che portarono Adnan ad arruolarsi nel movimento e a combattere sono chiari. Prima di tutto il Kashmir è un formidabile produttore di energia elettrica e fornisce tutto il Pakistan, mentre il 40% dei suoi villaggi sono privi di luce. Non c’è rete ferroviaria, nel Paese. Le scuole di base cadono a pezzi. Nelle università pakistane il numero chiuso vale solo per i cittadini del Kashmir. Su cento studenti di Ingegneria Medica, ad esempio, soltanto cinque sono del Kashmir.

Successivamente alla morte dello zio, Adnan ha organizzato con altri militanti varie manifestazioni. È stato arrestato per tre volte fino a quando – sempre nel 2012 – è stato rapito da uomini incappucciati, imprigionato, interrogato per quindici giorni, picchiato, umiliato e gettato quasi esanime in un bosco. Salvo per miracolo, Adnan si è trovato di fronte a un bivio. Se il cuore gli diceva di continuare a combattere, la mente e soprattutto il padre gli hanno imposto un viaggio della salvezza verso la Gran Bretagna. Costo 20 mila dollari.

Alla fine, i trafficanti di esseri umani hanno deciso – senza interpellarlo – di depositarlo in Italia dove gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico. E di nuovo Adnan – mentre serve involtini di primavera in un ristorante cinese – si trova ad un bivio. Oggi che può viaggiare liberamente nei 28 Paesi dell’Unione Europea, sogna una vita migliore (anche perché la Cina è un altro storico nemico del suo popolo). Vorrebbe insegnare Fisica o lavorare nell’industria atomica, avendo tutte le competenze per farlo. Queste le ipotesi razionali. Ma il cuore di nuovo lo spingerebbe verso la militanza politica in favore del Kashmir.

Il suo parere sull’immigrazione? Finché ci saranno nazioni in rovina, ci saranno uomini e donne e bambini costretti alla fuga. E posti più fortunati come l’Europa sono la mèta della loro disperazione. Solo se le grandi potenze mondiali si impegneranno per chiudere i focolai di crisi dei Paesi in disfacimento, si potrà arginare l’onda degli immigrati.

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