di Ismete Selmanaj
Mi chiamo Ismete Selmanaj, sono una cittadina italo-albanese.
Sono nata a Durazzo, e come tanti miei connazionali sono emigrata in Italia nell’ormai lontano 1992, subito dopo la caduta del regime comunista di Enver Hoxha. Messina è la città che mi diede ospitalità in quegli anni bui, nella città siciliana sono nati e cresciuti i miei tre figli. Sono trascorsi più di 25 anni da quei fatti terribili che videro protagonista il mio Paese, il mio popolo, e solo oggi riesco a focalizzare in maniera nitida quel passato di cui sono stata testimone.
Il partito sceglieva per me, per noi, per tutti noi. Ognuno di noi aveva un destino prestabilito, un destino che lo Stato sceglieva, e che noi tutti dovevamo compiere per il bene della collettività.
Ho sempre amato la letteratura, e quando frequentavo il ginnasio in Albania ho scritto poesie e racconti riuscendo a vincere anche concorsi letterari. Ho smesso la mia passione per intraprendere gli studi universitari che il partito scelse per me. Durante il regime comunista nessuno dei giovani aveva la possibilità di compiere una scelta libera. Il partito sceglieva per me, per noi, per tutti noi. Ognuno di noi aveva un destino prestabilito, un destino che lo Stato sceglieva, e che noi tutti dovevamo compiere per il bene della collettività. Lo Stato decideva di quanti ingegneri, fisici, matematici, chimici, biologi, architetti, scienziati, economisti, pittori, e giornalisti avesse bisogno. Era chiaro a tutti che il regime focalizzava la sua attenzione sulle materie tecniche, mentre quelle umanistiche erano quasi del tutto ignorate.
Gli scrittori che non si allineavano alle volontà del Partito venivano perseguitati, esclusi, denigrati, abbandonati.
Lo Stato dava molta rilevanza al numero degli scrittori presenti sul territorio, quelli che obbedivano, gli scrittori del regime, venivano idolatrati, premiati affinché la loro opera fosse un encomio al regime stesso. Gli scrittori, che oggi definiremmo borderline piuttosto che non si allineavano alle volontà del Partito, venivano perseguitati, esclusi, denigrati, abbandonati in una specie di oblio. Questi scrittori venivano addirittura minacciati, oppressi dal regime molti di loro si suicidavano poiché era l’unico modo per manifestare il loro dissenso. In tutto questo quasi nessuno menziona le condizioni della donna albanese, del suo ruolo nella società, e io di questo voglio parlare. Mi chiamo Ismete Selmanaj e sono l’autrice di “Verginità Rapite”, e della storia di Mira, la protagonista del romanzo, che vi voglio raccontare.
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